Improrogabili interrogativi estivi

Quant’è importante il Gelato romano?

Sempre su L’Espresso di questa settimana c’è un lungo reportage su GROM, sapete, quella gelateria che spunta come un fungo ormai Ovunque. Mi va di parlare di Gelati, che non potrei mangiare a causa di una dieta che ci costringe a digiuni per conciliarci con i ritmi di questa vita moderna, dolce e rilassante/ata. Dieta che ci impone faticosi e flagellanti excursus temporali: A cosa pensavi quando a Bruxelles mangiavi le gaufres? Erano tipiche? Pensavi che saresti andata sull’Himalaya ad agosto? E le domeniche a Ostia?? Perché non hai pensato alle domenica a Ostia?!. Gelati, che tuttavia mangio.

Insomma Questo Gelato Grom. Mi piace leggere di come si è arrivati al successo, soprattutto se si è partiti dal niente. Bravi questi Federico Grom e Guido Martinetti, che hanno giocato la carta della qualità italiana in America scommettendo su un localino di 50 metri a New York che sbancò, con i newyorchesi in fila che sbavavano per un prodotto così – avete presente i gelati che girano nei carretti di New York? Ecco, un gelato Grom lì sembrò El Dorado -. Oggi questo marchio ha 65 gelaterie nel mondo.

Mi approcciai a Grom nell’estate 2010, ero a Genova. Mi era piaciuta la manfrina scritta sui cartelloni esplicativi che accanto ai gusti diceva dell’importanza del mescolare e rimestare il gelato prima di splamarlo sul cono -manteneva intatte le qualità dei prodotti freschi, rinvigoriva la loro naturalezza, qualcosa del genere. Dall’esterno, solo fila chilometrica e incuriosente di golosi. Furbetti di Grom!-. L’avevo trovato ridicolo, ma il gelato poi mi era sembrato squisitamente spettacolare. Tornai mesta a Roma, col ricordo di Grom nel cuore. A Parigi, in Erasmus, conobbi una Cara amica di Lodi che a Genova aveva studiato. Non si mostrò entusiasta al mio entusiasmo Grom. Mi disse che non le piaceva l’idea di questa grande catena anche per il Gelato e che preferiva prenderselo in quelle veramente piccole e artigianali, di gelaterie. Rimasi delusa. Nel mio periodo francese scoprii a Saint Germain il gelato più insulso della storia: Amorino. La sola modalità di composizione è irritante: già dire palline al posto di Quanti Gusti vuoi? è irritante, ma Petali per un risultato di cono a Fiore è irritantissimo. Ma comprensibile: nemmeno a Parigi il gelato spicca per qualità particolari. Un Amorino per stranieri è un compromesso che può essere accettato. Nota bene. Due mesi fa arrivo a Milano e chi ti trovo all’inizio di quei suggestivi e poetici Navigli?: Amorino.

Tornata a Roma dopo l’Erasmus subii un affronto: aprì Grom a 15 metri da Giolitti. Scelsi Grom. Rimasi delusa, non vi ritornai mai più –eccetto a Milano, lì tra Amorino e Grom scelsi Grom-. Trovai riparo, seppur ormai infedele, dalla Lupa-Giolitti, che mi allevò tra Pistacchi conturbanti e Creme succulente. Ora, cari Turisti, credo che un Gelato Come Si Deve, qui in Italia, qui a Roma, vi spetti di diritto. Allora sceglietelo bene, andate in quelle piccole gelaterie-sgabuzzini, dove uova e latte vengono rimescolati per bene da mani sapienti, con quella romanità che fa del cibo una delizia. Nutritevi dello Zabaione di San Calisto, della crema di Giolitti o de La Gelateria del Teatro ai Coronari, del Mela Cannella dei Gracchi, quei Sanpietrini di Fassi, i gusti strani de La Gelateria al Pigneto, la Pera di Giovanni ai Parioli, la Panna di Zì Elena a Testaccio. 

Sto a dieta, sì. E ce ne sono milioni di altre di gelaterie buone, sì; per alcuni anche Grom e Amorino, sì. La mia opinione, del resto, conta come il cucchiaino infilato sulla cima del cono –che tuttavia io uso-.

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