Racconti romani

Roma di gruppo: ripensare a caso all’estate, quasi d’inverno

IMG_0267Un giorno Fregene me la compro e la sposto a Piazza Bologna. C’era una settimana di giugno in cui, col famoso turno di stage all’alba, mezza giornata mi rimaneva vuota e decidevo di trascinarmi al mare. Scoprivo così che di martedì o giovedì anche lì esiste la calma. Era pieno di ragazzetti che avrebbero dovuto essere a scuola ma mezzi ustionati sedevano ai baretti di Fregene a fumacchiare, sognando trasferimenti di litorale in città. Poi improvvisamente tornava il tempo di febbraio con le grandi piogge. Gli stessi col costume uscivano dal tema della Maturità a gruppetti. Mentre tra piogge torrenziali chiedevamo Che tema hai fatto?, con i piedi bagnati ci accorgevamo con un certo fastidio che la lunghezza dei pantalonicini delle maturande si era vertiginosamente ritirata. Ah Ben che palle. E che come al solito con i programmi di Italiano e Storia siamo rimasti a carissimo amico, e che quindi Quasimondo è troppo moderno.

Roma l’inverno è meno di gruppo. Solo il Natale è di gruppo. Ma se non sei felice a Natale, che sia di gruppo o no, è sempre una merda. E se non sei felice le cose tipo il documentario sulla vita di Gianni Morandi la mattina del 25 non te le godi sul divano. Provi fastidio. Se sei felice invece Morandi ti fa sorridere e credere che sia davvero bello il Natale.

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Roma di gruppo è l’eterna querelle sulle birkenstock Ammazza che brutte, O ma sò comode, Sò troppo brutte pari tedesco, Io penso alla pianta non alla moda, Sei tedesco. Ma anche i turisti che adesso mangiano pasta box o piadine, confondendole.

Roma di gruppo sono stati i Mondiali. Sceeemo! Sceeemo! Sceeemo! Urlava la folla a un ragazzino che nei momenti di massima tensione sventolava un bandierone dell’Italia, ostruendo ai tifosi della Nazionale il maxi schermo a Piazza Venezia. Anche lì l’enfasi Mondiali si mescolava ai profili dei pini e alla Colonna di Traiano, perfettamente. Provavo a lasciarmi trasportare dalla folla ma mi rimaneva solo caldo e odore di Peroni.

Roma si svuota anche, di gruppo. Piazzette solitalmente assaltate diventano distese di tavolinetti abbandonati. La notte camminare per Roma estiva è bellissimo: il caldo è sopportabile, la gente è poca, c’è quel silenzio profondo. Ci sono i gabbiani invece. Ovunque e prepotenti. Tutto questo si manifesta perfettamente a Piazza della Minerva. D’inverno a volte c’è l’odore di camino per strada. Ma visto che siamo in una città dal clima mite non siamo mai sicuri che si tratti proprio di camino. La notte del 24 dicembre fa sempre freddo però. Allora l’idea di camino diventa romantica e molto più concreta.

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I signori di una certe età parlano sempre di pasti. E se su treni o bus ci si siede accanto a loro, con altissime probabilità si finirà in mezzo a ricette Se tu usi ‘na bustina de lievito ce metti tre ova. Le conversazioni sono sempre le stesse, come l’odore di plastica delle bancarelle che accoglie a Piazzale Flaminio. Dà un certo fastidio tutto ma alla fine è calda routine. Come trovare parcheggio a Ostia. In quel caldo torrido, arrivata al cancello 7 o 8, ripensavo al mare di New York. Ci si arrivava in metro, con la linea arancione. È il mare di tutti, quello che costa poco e che accoglie migliaia di famiglie. I latino americani sono tantissimi. Figli piccoli, tanti, il caldo che asfissia, le giostre mostruose sull’asfalto rovente Coney Island. Avevamo deciso di assaggiare il gelato dai carrellini che girano sul lungomare. Avevamo preso una pallina di limone e melone. Per poi buttarlo al cestino lontano metri e metri dalla riva, in quella spiaggia gigante. Coney Island, in cui si condividono vagoni metro con tutti e con tante famiglie poverissime, e poi gli Hampton, raggiungibili su treni profumati, seduti accanto a villeggianti che sembrano tanti piccoli parigini troppo puliti e perfetti per essere veri. Ma sono veri quanto i bagnanti di Coney Island. Io e la cara amica A. osservavamo tutto, due poco più che ventenni in giro a New York e dintorni. In un’estate qualunque come fossimo a Fregene o Ostia o Capocotta.

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Una sera ho pedalato verso i Rolling Stones. Mezza Roma antica era incartata dalle impalcature. Il Colosseo era coperto, i muri sparsi per la metro, le ruspe. Al Circo Massimo un telo nero ostruiva la vista a noi che non avevamo pagato il biglietto. L’ho trovato crudele limitarci così, col telo nero. Il cupolone lontano, osservato dal praticello che sia alza sul lato della FAO accanto al quale brillava il rosso e il blu elettrico del palco, faceva uno strano effetto. Il camioncino di porchetta c’era. Coraggiosissimi si arramipcavano su cartelli alti per seguire il concerto. Qualcun altro litigava col prossimo perché gli copriva la vista che tanto non c’era. Certo che a me Madonna è sempre piaciuta. Diceva una tipa all’altezza dell’Arco di Costantino a concerto finito. Ripercorrevano tutti a piedi i Fori, disciplinatissimi. In una Roma di gruppo che si disperdeva. L’ultima Roma di gruppo l’avevo vista con i Papi beati.  

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Roma l’estate si svuota e si riempie a tratti. Piazza San Pietro è sempre piena e se si soffre di horror vacui da ritorno ad agosto si può sempre fare un salto lì. Il numero delle guide turistiche – quasi tutte abusive – che ti assalta è altissimo. Io per loro vengo dal Messico. Fa un caldo micidiale, la gente è stordita. Fedeli e non. E il giallo caldo delle cassette delle lettere Poste Vaticane se la batte col rosso delle cassette normali. Non ricordo più se in estate le cose da fare c’erano o ci lamentavamo per i buchi monotoni dalle 21 alle 02. C’erano un sacco di concerti, alla Casa del jazz, a Parco Simon Bolivar, all’ex mattatoio, Villa Ada, parchi e parchetti. Ma tanto diremo sempre che non c’è una mazza da fare a Roma ed è giusto così. Al Bar Amore, quello sotto casa mia, una diceva a uno Che noia le persone che dicono di essere sempre stanche. Pensavo che è vero. E che tutte le conversazioni da bar sono vere. La Roma che va all’Argentario passa per stazione San Pietro. Su un binario hanno scritto Steroidi a manetta. In queste domeniche c’è il sole d’estate. La gente cammina in gruppo, ai Fori, per le viette del Centro. In questo giorno di festa Monte Sacro a pranzo e per qualche ora dopo si svuota, e San Lorenzo pure. Ogni tanto si può uscire fuori mentre gli altri stanno dentro, compromettendo del tutto l’umore della domenica.

Finalmente arriva l’inverno.. E quell’odore di camino o forse no.

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