Italia a Pezzi. Viaggio dal Sud al Nord

Italia a pezzi 5: bici sotto i portici di Bologna e jogging tra i ponti di Venezia

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Ecco l’inverno pieno. Ormai è fatta. Quella sensazione di essere partita mesi fa, di aver attraversato stagioni intere per raccontare alla tv giapponese cosa sia il gelato artigianale saltellando in giro per l’Italia mi si è cementificata addosso. Bologna me la ricordo bene:  qualche mese fa era tappa del mio Viaggio al Nord per sbirciare nella vita di amici romani emigrati là per studio, o per scappare dalla Sapienza, anche. Il tassista ce l’ha a morte con i punk a bestia di Piazza Verdi, -facile ritrovo degli universitari-, che addirittura si mettono davanti il Teatro Comunale e fanno quelli con i cani buttati per terra ma i soldi ce li hanno eccome.. Me lo dice arrabbiatissimo mentre da passeggero io riscopro cosa sia la calma alla guida. Tutti portano la cintura. Di panni stesi, pochi. Un hotel 4 stelle ci accoglie con dei pannelli zebrati alle pareti. Mi chiedo chi abbia scelto gli interni dell’hotel ma poi mi diverto a leggere la rassegna stampa internazionale, un foglio per ogni Paese. Arrivata alla Spagna mi accorgo che il corso A1 fatto all’Istituto Cervantes nel maggio scorso mi sta volando via..

Piove e le riprese della città sono impossibili. Mangiamo allora. Usciamo un’ora più tardi stravolti. Sembra una cena dell’Ultimo dell’Anno. Piove ancora e sotto i portici passano un sacco di bici. Non mi sembra nessuno sia sconvolto più di tanto dal passaggio delle due ruote al coperto, e penso che ci sarà sicuramente qualcuno a lamentarsi della loro maleducazione. Avessi i portici io ci passerei. La cara amica S. mi porta a bere allo Spazio InDue, si entra con la tessera Arci, a un minuto dalla Piazza Maggiore. Resta solo il giorno dopo per salire sulla Torre degli Asinelli e vedere il cielo aprirsi, tra quei tetti rossicci che già avevo visto qualche mese prima. Sono di un rosso diverso da quelli di Firenze, meno acceso. Tutti i clienti delle gelateria intervistati leggono attentamente la liberatoria per apparire in tv prima di firmare. Nelle altre città la firma arrivava rapida e leggera. A Bologna sono timidi: alcuni vedendo la telecamera rinunciano al gelato e scappano col terrore negli occhi.

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Venezia è uno squallido hotel nei pressi della Stazione. Le Stazioni sono da quasi dodici giorni il nostro quartiere. Eccetto a Palermo, fino ad oggi le nostre stanze sono sempre ben radicate nei pressi dei binari. Il che ha la sua comodità e il suo fascino (?). Il corridoio della mia stanza sembra quello dei vecchi condomini con il pavimento mezzo diroccato. Mi accorgo con piacere ( e lo spiego qui: https://pausaroma.wordpress.com/2013/10/15/italia-a-pezzi-3-pausa-roma/) che la Creazione d’Adamo con quelle mani protese l’una verso l’altra non manca nemmeno lì. Ho il quadretto incorniciato d’oro al piano. Conosciamo il Signor Carlo Pistacchi che ha la sua gelateria a Venezia dall’88. E’ il più grande collezionista di musica reggae in Italia, e il suo mini negozio riporta tutti i colori della Giamaica. All’inizio è strano, ma ci si abitua subito, e Carlo ha gli occhi giovani. E’ ospitale, si ride e si parla con i suoi amici di sempre; i ragazzini clienti lo adorano, Carlo e il gelato.

Arrivati in Piazza San Marco decido di staccarmi dalla troupe per cercare una libreria ed un regalo veramente triste: Morte a Venezia, da Venezia. Mi scuso con la signora che l’ha pure cercato tra gli scaffali, e mi decido che non si può ; dirotto per Corto Maltese. Anche lì poco originale ma almeno sono sicura che il destinatario non l’ha ancora letto. Torno in Piazza, faccio una foto alla facciona dei due leoncini in Piazza e mi siedo sull’unico posticino libero sulle passerelle per l’acqua alta, che lì diventano panchine per i turisti stremati. Il signore accanto a me ci dorme da seduto. Tiro fuori il telefono: al ventiquattresimo autoscatto, la ragazza alla mia sinistra mi guarda perplessa. Mi scoccia sempre un po’ dire che No no grazie, faccio da sola, quando un gentil passante mi chiede Vuoi che ti faccia una foto ?

Percorro il perimetro della Piazza. Nelle terrazze di alcuni bar sono allestiti mini palchi con orchestre ben vestite: per suonare attendono il loro turno, non si sovrappongono mai. Nell’attesa un po’ si annoiano. Provo a guardare il colonnato ma è così asimmetrico che mi confonde. Mi sposto verso la laguna e intorno a me vedo solo cinesi e giapponesi. Ritrovo la troupe.  Ascolto un po’ di guide sparse. Cala la nebbia, la brume, come dice il cameraman parigino. Mi metto a fare due foto sporgendomi ai bordi del molo e una coppia di turisti vuole che mi sposti e mi borbotta addosso. Continuo con gli autoscatti mentre il cameramen ride.

Il giorno dopo corro a prendere il vaporetto ma la macchinetta per i biglietti è guasta. C’è mica qualcuno a bordo ? Chiedo a un passante. Guardi che qui non siamo a Roma è. Che intendevo sapere se ci fosse qualcuno a bordo per comprare il biglietto non gliel’ho detto e ho lasciato che quel veneziano mi ricordasse così , romana un po’ cafona e scorretta quanto basta per scroccare un giro in acqua. Le grandi navi sono ovunque. Un barista mi dice che sono uno spettacolo magnifico, che portano turisti e danno lavoro a tutti. Quando passano e lui è a casa nell’isola della Giudecca gli sembra di averle in camera, è fantastico. Vorrei fermarmi a parlare con lui per ore sul significato di quelle parole e pure sull’estetica delle Grandi Navi ma devo scappare. Il vaporetto emette fumi orrendi e puzza.

A terra, ogni tanto, mi sporgo dai ponti. Sfrecciano gondole riempite quasi quasi solo da orientali. Un tipo canta Besame Mucho, un altro suona Giochi Proibiti. Coppie giapponesi camminano abbracciate e vestite allo stesso modo: una felpa blu a righine bianche e pantaloni scuri. L’amore a Venezia. Ho l’ossessione di vedere The Honey Pot di  Joseph L. Mankiewicz -che in italiano si chiama Masquerade- perchè uno dei miei compagni di viaggio mi dice che ne rimarrei scioccata. E’ girato a Venezia. Non riusciamo a vederlo anche perchè la connessione wifi in hotel segue i seguenti orari: sei di mattina- mezzanotte.

Mi prendo una sera libera e mi perdo. Una signora mi porta a Campo Santa Margherita. Lo spritz che bevo è dolcissimo, come rivedere lì i miei amici dell’Erasmus, da Parigi a Venezia. La mattina successiva altre riprese: Sant’Agnese, la casa dove Alessandro Manzoni abitò, il Ponte di Calatrava da sotto, con i piedini che lo calpestano e il vetro che ne rende i contorni sfumati. Verso sera qualche corridore coraggioso fa su e giù sul Ponte degli Scalzi e poi si fa largo tra i turisti. Un jogging snervante, credo si bruci di più. Saliamo al volo su un vaporetto e ci godiamo Venezia filtrata dalla nebbiolina e dalla telecamera. Una città unica, stranian……….che credo mi sfuggirà sempre.

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