Racconti romani

L’Appia Day. Storia di ciclisti, battesimi, macchine e polline

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Alla fine ieri l’Appia Day è stato tipo vedere una Roma in miniatura di romani a piedi, a pedali, su ruota – anche macchina – o su pattini, su e giù per la Regina Viarum. I sanpietrini prima, il basolato poi. Pini e papaveri, erba da allergia, rose che spuntano da cancelli di ville belle che vabbè, iscrizioni, panini, rovine, pranzi seduti su prato o su tavoli, cornetti Algida e tortini di zucchine bio. Gazebo – per definizione brutti -, cappelli da texano, texani, file per fontanelle, file per bus, pedalate disinvolte, sudate, turisti pigri, curiosi veri, romani fricchettoni, romani che stanno lì a caso Ma sta Cecilia Metella è lontano? Pattini, ragazzini coi pattini, ragazzini che si incastrano sul basolato e piangono, ragazzini che cadono sul basolato si sbucciano e piangono. Poi ridono. Mariti e mogli, figli che litigano con le madri, genitori che fotografano i figli, genitori in tuta, figli che a due anni giocano col tablet ma anche a pallone, adolescenti al cellulare seduti sul marmo di chissà chi, urla, polline vagante, preti, battesimi, comunioni, matrimoni, calze di nylon, turchese brutto dei vestiti da cerimonia, ruggine sui cartelli dell’Appia di 30 anni fa, infradito, camperos, monopattini pure.

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Pregustavamo tutti la pedonalizzazione per un giorno. I turisti arrivavano già mezzi provati, superato lo shock da incrocio tra Terme di Caracalla e via Druso – dove c’è casino pure di domenica alle 12 – Una volta varcata Porta di San Sebastiano scoprivamo che invece era una pedonalizzazione così così. Impossibile spiegare ai tedeschi o bo come alcuni automobilisti riuscissero ad ottenere il lasciapassare per la Regina Viarum. E quindi procedevamo tutti insieme, un po’ a piedi, un po’ in bici, un po’ in macchina. E ai vigili, dal finestrino, veniva detto che ci si doveva sposare, battezzare o si doveva rincasare Io, secondo lei, come torno? 

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Quindi salutavamo gli amici ciclisti, quelli seri, incazzati per la pedonalizzazione a metà. E poi, tra i rumori di quella domenica pedonale tutto sommato contenta grazie all’Appia Antica riscoperta, confuso tra le risate e qualche drin da bici, da un cancello verde coi palloncini azzurri risuonava Sugar sugar – la canzone dell’inizio di Compagni di scuola di Verdone–. E pensavo che meraviglia di festa anni ’80 doveva esserci oltre quel cancello verde, mentre noi ciclisti fuori pedalavamo felici. E mi chiedevo perché quei cento invitati avrebbero dovuto rinunciare a Sugar, honey honey per noi. E allora ho provato ad entrare ma niente.

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Mentre il cielo si apriva tra gli sguardi sognanti dei turisti, i romani storditi e accaldati visitavano qua e là. Qualche catacomba – San Callisto e San Sebastiano -, un Circo di Massenzio, qualche panino. Due signori, sfiniti, scendevano dalla bici e lì, proprio davanti il Mausoleo di Cecilia Metella lei faceva a lui Stasera se famo na pasta coi carciofi e il marito annuiva. Alcuni punti di snodo diventavano piazzole dove l’automobilista si confondeva col ciclista, l’ambientalista col ballerino in completo blu lucido, il fricchettone col cugino dello sposo coatto. E riuniti in gruppetti apparentemente senza pensieri, tutti accaldati sotto l’afa della prima domenica di caldo vero, l’Appia Antica era una piccola Roma. I turisti, i romani esperti, i fanatici di Antonio Cederna, i residenti incazzati, i residenti moderati, i frequentatori di matrimoni, chi stava lì per caso. IMG_7288

C’erano i bar sugnosi, i bar medio fighetti, gli stand fricchettoni vegetariani dentro l’ex Cartiera Latina, Tesoro ti do la centrifuga con la barbabietola rossa ma c’aggiungo il lime, va bene? Non è che potrei avere il farro nel piatto invece del bicchiere bio de cartone?  Lascia perde il bio, dopo l’ex Cartiera ce sta ‘n bar che fa la porchetta da paura. In questo tripudio di Roma 2016, tutti contenti, perché se guardi il profilo dei merli di Cecilia Metella e poi il praticello e i ragazzini che corrono, e le bici, e il verde che sbuca dalle mura e non sei felice sei un imbecille, il pensiero è: vent’anni fa Antonio Cederna, lui che proponeva il suo progetto del Parco archeologico più grande del mondo che da Piazza Venezia arrivasse ai Castelli Romani, lui che passò mezza vita a denunciare gli abusi sull’Appia, ecco, chissà come se lo immaginava Cederna un Appia Day.

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