Racconti romani

Oltre William Kentridge, cosa c’è sotto Lungotevere

 

Ma le bancarelle mo dove le mettono?

Poi inquina…

Deturpa i muraglioni!

Ma chi è sto Kentrige?

Alla fine il Natale di Roma è stato tutta una festa di gente giù sulla banchina a Ponte Sisto che assisteva all’inaugurazione dell’opera di William Kentridge. E poi, il giorno dopo, i romani incazzati si chiedevano cosa fosse quel traffico assurdo nel tratto dal Liceo Virgilio a Castel Sant’Angelo e dal Virgilio alla Sinagoga – nelle due direzioni, insomma – Gli altri erano scocciati di non esserne stati informati.

Ah peccato, ad averlo saputo sarei venuto

Ma sono anni che se ne parla!

No mai sentito

Dopo aver tenuto in attesa per oltre due anni l’artista sudafricano che aveva portato un progetto bomba per Roma, la Sovrintendenza gli ha detto prima sì, poi no, poi forse. Nel frattempo le estati si sono susseguite calde, con le bancarelle puntuali, quelle brutte, che con l’Estate romana non hanno niente a che vedere.

IMG_4331Quelle cose che quando spuntano diciamo Oh no ste cose bianche col neon, lo zucchero filato e i panini con la porchetta. Quelle che vedo andando a correre lungo il Tevere e che mi godo proprio centimetro per centimetro. Questi microcosmi in sequenza. Un’esperienza sensoriale bizzarra. Dalla sugna delle patate fritte, al narghilé, a profumi da duty free di aeroporto, fino a succulente carni, smielate caramelle di gomma, ogni tanto metri cubi d’aria normale, poi pipì. Sei la solita snob, la gente è contenta delle bancarelle sul Lungotevere, viene in centro per quelle, altrimenti non ci verrebbe d’estate. 

Vero, ma sò brutte 

Poi, finalmente, dopo un sacco di anni d’attesa, il 21 aprile, Natale di Roma e giornata in tilt per lo sciopero, i disegni di William Kentridge hanno preso vita con l’inaugurazione di Triumphs and Laments. Ponte Sisto era in tilt, la banchina del Tevere lato via Giulia, pure. C’erano romani e un sacco di turisti. Scendiamo a vedere le Opere/ Guarda che Affreschi/ L’ha fatti er sudamericano/ No è sudafricano/ Ammazza qua sotto che puzza de piscio/ Pare che ognuno c’ha ‘n significato, mo da lontano non ne ho capito manco uno/ Che taio/ Anvedi. 

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In una domenica disegnata coi pastello, quando un signore X suona la fisarmonica su Ponte Sisto col cappello da messicano – pure quello colorato coi pastello – il Tevere sembra d’argento e non più giallo fogna. La prima domenica di caldo, quella in cui ti togli il montone e giri col cappotto giallo, lascia i segni del sole pallido. Insieme ai primi cenni dell’allergia che tra 20 giorni ti distruggerà. Mentre la città si sveglia guardo giù, non ci sono ancora le bancarelle e mi ricordo che Roma ha riscoperto Kentridge. IMG_4279

E insomma in 20 minuti ho visto famigliole nordiche che per Kentrige e una passeggiata sul Tevere si incollavano passeggini-mostro per le scale, biciclettari vari, corridori, turisti con mappette e pure suore. Ragazzetti incuriositi, vecchi, bambini. Tutti fermi a guardare Kentridge e i suoi eroici personaggi della storia di Roma, che accompagnano gran parte dei muraglioni del Tevere da Ponte Sisto a Ponte Mazzini. La Dolce Vita va fortissimo, ma pure la Lupa coi gemelli vale per un selfie.

Dopo un calpestìo continuo di quel tratto di fiume è arrivata l’estate. E con l’estate le bancarelle. E i bancarellari, che hanno già firmato il contratto col Comune e quindi tutto a posto, non ci pensano nemmeno a spostarsi – Se ci spostiamo è come vendere sulla Prenestina e non a Roma centro  – Giusto. E quindi, in uno slancio di neo avanguardismo hanno proposto di abbassare l’altezza delle coperture di quei chioschi di plasticone bianco e poi di chiedere a qualcuno (giovani artisti) di riprodurre l’opera di Kentridge “su un telo che possiamo srotolare proprio di fronte ai banchi”. Ho sentito abbastanza di tutto. Sopratutto, non ho mai visto il Tevere così. Che la presidente di Tevereterno – l’associazione fondata oltre dieci anni fa e che si è occupata del progetto – sia americana, fa sorridere. Che sia riuscita lei a fare di quello spazio  un luogo popolato, almeno per un po’, pure.

 

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