Il rimpasto della giunta capitolina forse porterà anche la scomparsa dei sanpietrini, ma non ci voglio pensare. Poi però hanno detto che andranno in alcune piazze scelte in periferia. La riqualificazione partirà da lì. C’è stato il grande freddo e le mani hanno punto come quando col naso colante si cerca di digitare un numero di telefono sulla neve. Cosa da pazzi, a Roma. Il Natale si è portato dietro centinaia di bandiere multiluci che sovrastano via del Corso.
Il pre Natale. Una settimana al 25, quando ancora si parla tanto di Mafia Capitale, in tabaccheria a via Regina Margherita c’è la fila. Fiumi di gente che aspetta di comprare biglietti mentre gli occhi si confondono tra gli A4 con i nomi della prossima data di questo o l’altro. L’importante è che i soldi li spendi in modo lecito! La tabaccaia ride e alla signora oltre lo sportello brillano gli occhi con i 2 biglietti per Massimo Ranieri in mano. Il sole cala su via Nomentana – come sempre – ma sembra molto di più che sia tempo di andare via dal quartiere Trieste. Mi chiedo sempre come starò senza quartiere Trieste che ho scoperto alla tenera età dell’anno scorso. A Piazza Istria tira un vento che fa chiudere gli occhi. Mi metto davanti alla porta di un locale fighetto con le porte automatiche perché c’è aria calda. Rubo il calore facendo aprire e chiudere le porte. Poi da dentro mi guardano male allora mi sposto. In macchina mi perdo come sempre. Mi infastidiva, adesso mi piace. Forse perché è arrivato lo scoccare di un anno di persone, cose e ricordi. Quel punto in cui arrivi ad associare i tre punti come vuoi e scegli di sorridere, sbuffare o commuoverti davanti a un posto, un pezzo di strada, un fioraio, un cinema, una metro. E il quartiere Trieste non è più indigesto, ma per la teoria dei tre punti a volte torna a esserlo. Ogni volta che mi perdo capita quasi sempre che incontri: 1. un pezzo qualsiasi delle mura di Villa Ada 2. Una traversa a caso di viale Libia 3. piazza Acilia. Da lì credo sempre, più o meno, di sapermi muovere.
Il pre Natale è stato tutto un partire: decine di amici che tornano a casa. Allora mentre saluto tutti e do il buon viaggio, a cuore leggero o no, mi guardo intorno. Roma guarda sorniona. Con il Capodanno che incombe, con i libri mai riusciti a leggere sotto le coperte, con Piazza Navona accesa da luci orrende ma pur sempre la Piazza. Mentre centinaia di turisti incartati tra piumini e cappelli guardano qui ammirati, mentre tutti partono per tornare a casa, io aspetto Natale. Parto giusto due giorni in mezzo al nebbione di Parma e di Salò. Tornata a stazione Tiburtina richiudo gli occhi per il sole tra i palazzoni nuovi davanti al cinema Jolly, le strade deserte intorno alla Sapienza e poi il Muro Torto. Sto a casa.. Che non è la Calabria, che non è la Basilicata. Sto già qua. Nessun altro treno da prendere. Oh a Natale ci vediamo! Andiamo un sacco al cinema, Finalmente ci salutiamo, Sò tre giorni che sto sul divano. I saluti più strani si svolgono al Bioparco. Incontro un amico che non vedo da quando ero a Bruxelles e lui in Olanda. Tra la perfezione delle righe della zebra, un elefante nella tristezza più sconfortante, il blu elettrico del collo del pavone. Luca stacca la bocca dal vetro che è sporco! Ah è vero. Ma poi dietro al vetro né io né questo ragazzino abbiamo visto mezzo animale acquatico. Non so se la tristezza della gente con la reflex aleggi in tutti gli zoo d’Europa potente come in quello di Roma. Qualcuno corre nel freddo tra i platani di piazza di Siena senza più foglie, che quasi fanno paura. E la Galleria d’arte moderna è sempre più bella, che vorrei che quel tondo d’acciaio opera d’arte non lo togliessero mai.
A Natale. Per il resto Roma a Natale è uguale a sempre. E tutti lo sappiamo. Ferma, immobile, quest’anno col freddo. Qualche strada riesce con luci allegre, qualcuna dà il peggio di sé facendoti passare la voglia della festa. Si va a cena fuori e Ah e menomale che c’è la crisi. Si mangia troppo e No basta, io solo un pezzetto di torrone. Si condividono le giornate schizofrenicamente, tra sforzi di fare bene perché è Natale e interrogativi su com’è che si fa bene a Natale. Ci si veste sempre un po’ meglio a Natale. Roma sembra più bella ma forse no. Fino all’ultimo è sempre l’anno dei non regali, poi il 24 c’è sempre tempo. La Feltrinelli salva e si sgomita. Come in quelle piccole di librerie e si finisce per comprare i libri a caso, Pensavo potesse piacerti. Poi i libri su commissione: Compragli un libro di attualità. Ma tipo? Eh bo di attualità. Quelli pensati, sfogliati, dedicati, incartati. Con loro è tutta un’altra storia. E i supermercati si intasano a non finire, si sbuffa tanto ma alla fine ci piace comprare quelle 7 cose indispensabili per la cena, o forse no ma una madre ha detto così. Fino a quando non vedo la ciotolina dalla maionese da antipasti alla Vigilia. Da lì in poi è Natale.
Dopo Natale. Perché sta bestia piange così? Ma quale bestia, nò? Il gabbiano. Ma non piange, fa il verso suo. Ci si consola tra nonne e nipoti, mentre si cerca affannosamente di imparare a cucinare qualcosa, tipo la lasagna mangiata infinite volte, insieme ai racconti davanti a una tv tristissima con quel programma di mezzogiorno che insieme a nonna e fratello torna simpatico. E allora si deve spiegare che Magalli è diventato una star tra i giovani. Ma la nonna è poco sorpresa, Certo perché è cordiale. Il mio post Natale è di Fossati e di qualcun altro che ama le canzoni e me le ha fatte amare.
Allora poi si cambia aria per tornare a respirare fuori Roma. In quel paesino del Lazio piccolo, minuscolo, in cui per quattro ore ci si dedica al fuoco per non morir di freddo. Ecco, da lì si può provare a pensare di non essere romani. Un distacco da Roma. Freddo e radicale. A Leonessa piccola piccola dove entrando nell’alimentari riconosci l’odore di vecchio, guardando il Monte Cambio, mangiando quintalate di polenta, ritrovandosi davanti al camino con gli stessi cugini e la stessa famiglia che nelle malinconie delle Feste cura sempre. Che se nel mal d’amore si legge Un amore di Buzzati è la fine. Ma poi c’è la neve, e la neve forse fa bene.
Tornare a Roma. So’ 25 anni che vivi a Roma e ancora non sai prende il raccordo! Quando dopo essere erroneamente arrivati a Prima Porta mancando il GRA, un fratello si arrabbia. L’arrivo al centro commerciale di Porta di Roma per comprare un telefono nuovo mi ricorda dove sono nata e dove vivo tra un magma di voci di Che merda Roma, Che sfascio. Il paesetto del Lazio è sempre lì, e poi in fondo, mentre guido e guardo lontano, i monti innevati ci sono ancora. Però c’è il lento muoversi delle scale mobili e una giornata infinita tra Bufalotta e Roma Est per parlare con un tecnico Apple. Ce li facciamo tutti e due i centri commerciali. Ikea, Zara, Vodafone, tra i racconti di famiglia e di lavoro, consigliando un fratello su porta posate e cappotti. E pure il centro commerciale, gigante, incasinato, dove aleggia l’odore dei surgelati di pesce tra il caos di asini e cavalli- carrello per bambini, ha un sacco di ricordi dentro. Pure dentro l’UCI, il cinema che fa 30 minuti di pubblicità prima del film ma la prima volta non lo sai e te li vedi tutti e 30, è pieno di ricordi.
Vieni anche tu a We run Rome! Ci si può imbucare alle maratone per Roma, perché ormai è tardi per iscriversi, passando una buona parte del tragitto a parlare senza alcuna disciplina della corsa con la cara amica A. mentre il sole scalda, la salita del Pincio toglie il fiato, e mancano poche ore alla fine dell’anno. La cara amica T. che da qualche mese è milanese è di nuovo qui. Ma se la tua nuova vita di Milano fosse a Roma saresti più contenta? No, cioè non lo so, Sì. Glielo chiede qualcuno dentro una macchina a Capodanno, io ascolto e sorrido. E quando tutto sembra cambiato davvero, sprofondate a ridere sul divano insieme alle altre Amiche davanti alla tv con Checco Zalone, Masterchef o un programma orrendo da spose dei sogni, poi alla fine siamo tutte le stesse adolescenti incontrate un po’ di anni fa a scuola. Solo che è il 2015. Intanto a Roma fa più caldo. Aumenta la lista dei buoni propositi, i vigili urbani hanno fatto un casino, whatsapp è inondato da giganti cuori che pulsano. Scopro che esiste anche l’intossicazione da tonno crudo. Se la testa scoppia in modo anomalo non è emicrania, ma intossicazione da tonno crudo. Roma è sempre qui, sempre uguale. Buon anno.