Italia a Pezzi. Viaggio dal Sud al Nord, senza categoria

Se alla Toscana levi il mare: Pitigliano quando piove e Sovana rossa

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Feniglia dalla finestra

Ma che è ‘n blog de viaggi? Qualche tempo fa rispondevo che No, ma che alla fine avevo scoperto la Calabria, la Basilicata e il Cilento e che quindi poteva capitare che scrivessi anche di altro oltre che di Roma. In ogni caso, pensavo, tutto quello che non parla dell’Urbe finisce in altre categorie che si trovano nei Menù, tipo Italia a pezzi. Là si trova quello che non è Roma. C’era un periodo dopo l’Erasmus che mi dicevo Devo vedere TUTTE le chiese di Roma, Devo conoscere TUTTI i parchi, Devo camminare per TUTTA l’Appia Antica nei fine settimana. A giugno è diventato Entrerò -a costo di colluttazioni coi custodi, finora grandissimi miei amici- in TUTTI i chiostri che trovo. – Ma che è sta storia dei chiostri? mi ha chiesto un amico con tono preoccupato qualche sera fa. Insomma poi non ho fatto nulla di tutto questo e ho scoperto la Toscana. Così, tra una pausa e un’altra all’Argentario, in quel mitico Residence G. dove sono cresciuta e dove vado al mare, ho visto delle vere cantine, mangiato dei veri pici, quasi assistito a delle vere cene di Contrada, passeggiato insieme a un sacco di americani e tedeschi filotoscani tra strade quasi sempre rossicce.

La Feniglia, la Giannella, Orbetello e Magliano in Toscana nell’Estate 2014 si presentavano così:

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Non avevo mai visto un trattore da vicino. Un giorno l’ho fatto per un sacco di chilometri. Guidando da Albinia a Pitigliano me lo sono ritrovato davanti e ho guardato il lento, enorme, nero ruotare delle sue gomme. Poi l’ho superato. Ero sulla SS 74 maremmana che, a parte nel tratto di curve verso Pitigliano con i lavori, sta messa bene. Ho rivisto Petronio, un ristorante dove andai una sola volta e ci beccai Laura Morante. Ero contentissima, nella fase adolescenziale dei Muccino a palla, quando in realtà a Silvio preferivo Giorgio Pasotti, ma non lo dicevo. Poi della Morante avrei amato tantissimo quando in Ferie d’agosto sussurra la poesia Riviere insieme a Silvio Orlando. In quel periodo nella mia vita arrivò Virzì, spazzando via l’infatuazione- Muccino.10410507_10152318517936149_4896969566309001490_nManciano lo si saluta al volo e poi via. Eccolo quel blocco di tufo imponente, che ricorda Orvieto. Ripaga dall’incapacità di superare il trattorone per chilometri, e dal fastidio del tragitto infinito. A Pitigliano ci siamo arrivate in un sabato di fine agosto col nubifragio. Che dici pioverà? Mi porto giusto una giacchetta, ci dicevamo con l’amica C.

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Il giorno della Festa della della Contea a Pitigliano c’è piovuto addosso come se fosse un ottobre di quelli brutti. Dalla roccia ci cadevano addosso cascate intere d’acqua, vetri appannati, aria calda a palla, sudore, freddo d’autunno fuori e acqua alle caviglie. Finite nella prima trattoria del centro –Siete fortunate la cucina chiude alle tre- abbiamo passato qualche oretta lì, come davanti a un camino. Ma è sano o no per i ristoratori mandare via carovane di turisti fracichi in questo tempo di crisi? Vabbè, che culo. Insomma il tempo del cinghiale in umido ed è rispuntato un sole mai visto, insieme ai turisti, tanti e coloratissimi. E allora poi tra le Contrade di Pitigliano, le cantine incastonate nel tufo, i gatti in ogni angolo- passeggiare con amici gattari in queste cittadelle è un casino. Si fermano a ogni gatto, lo chiamano Micio più volte e anche se non lo dicono vorrebbero una foto con loro-, mi ricordavo di Capranica -che è vicino al Lago di Vico, non c’entra niente, ma ha quella vaga idea di presepe arroccato anche lei-. Trovavo, una dietro l’altra, un’infinità di botteghe artigianali di una volta: c’è il calzolaio, il macellaio con quei pezzi di animale brutalmente sbattuti in vetrina -e poi buonissimi-, l’impagliatore di sedie. E poi i barbieri, i miei preferiti. Saranno i racconti di come il Centro storico a Roma era e non è più di mia nonna che mi fanno provare una simpatia profondissima per tutti i proprietari di botteghe che erano un tempo e che sono ancora. Pure se non li conosco, pure se poi conoscendoli sono antipaticissimi, io in realtà provo simpatia incondizionata per questi proprietari.

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Tra le curve di quel verde bosco che col sole sono capaci di accendersi ci si potrebbe intrattenere tra itinerari della Via Francigena. Sennò c’è Sovana. Non so chi o cosa, forse un innato senso del gusto, spinga gli abitanti di questa piccola città a curare lo spazio attorno la propria porta di casa in modo particolarmente morboso e bello. Vasi e vasetti di piantine, cassettine delle lettere e fiorellini da cartolina. Non c’è oggetto fuori posto. Ma nemmeno quel ninnolo che quasi ogni uscio ospita – i più bravi lo fanno spuntare solo sotto le feste natalizie -, quel tappetino, quel numero civico in ceramica col gattino o l’orsetto. È tutto spaventosamente carino.

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Allora sognavo il prossimo Natale romano, con le lucine belle quanto queste piante e piantine. E poi, mentre sognavo cose che a Roma non esistono, guardavo i negozi di souvenir. Bellissimi anche loro. Metri quadri dove il kitsch non esiste. E di nuovo misuravo la distanza tra un paesino come Sovana e una capitale come Roma. E lo facevo osservando gli oggettini in legno e ceramica fatti a mano, passando poi con la mente alle miniature fluo di Colossei o ai grembiuli con piselli di marmo. Bisognerebbe fare una prova e importare mini Cattedrali di Sovana fluo anche lì. Per capire che effetto fa. Oppure far diventare tutti i Colossei fluo di ceramica. In ogni caso, sia chiaro, io adoro il kitsch sano e genuino, in tutte le sue forme. Magari con moderazione. E non proprio ovunque. Pietro è il vero rivoluzionario, non Gesù. Perché la scelta della crocifissione al contrario non è da tutti. Passeggiavamo verso il portale quasi magico del Duomo e un milanese dai pantaloni fiorati rompeva il silenzio del borgo di tufo così. All’Arena in piazza quella sera avrebbero proiettato Smetto quando voglio. Mentre sollevavo lo sguardo una targa mi diceva che Gregorio VII è nato qui. Poi un accento familiare, ripetuto. Grappoli di famiglie romane veraci solcavano il rosso delle strade di Sovana. Avrei voluto partecipare ad una conversazione tra loro e il milanese dal pantalone a fiori su Pietro rivoluzionario ma siamo ripartite..

Continua…

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