Ci sono dei cubi di Roma dov’è importante fermarsi un po’. Sono spazi in cui si respira per bene. A volte questi posti in cui l’aria sembra perfetta sono i chiostri delle chiese. Li ricerco compulsivamente da qualche tempo, anche se ho cominciato a frequentarli per caso. Colpa di quella deformazione tutta romana per cui di questa città, alla fine, abbiamo visto sempre troppo poco. Ogni tanto ci riempio i minuti di ritagli di tempo e ci butto dentro i pensieri. In quei momenti, là dentro, non c’è quasi nulla. Solo qualche turista perso e i portieri che mi chiedono cosa stia facendo lì.
Poi, fuori, il solito vivere. Le spallate con i vicini di marciapiede se vanno veloci e tu vai veloce; gli sguardi adulti e compassionevoli di chi ti vede camminare con gli occhi incollati al telefono come un idiota, le signore che parlano del pollo Poi ce metto la gelatina, lo metto ar forno, e poi ‘nartra passata de gelatina. Il ricordarsi di digitare prima la quantità di biglietti Atac necessaria, e solo dopo inserire la moneta nell’apposita macchinetta. Rinnovare i propri bioritmi per assumere le forme dello Stage Rai che più ci formeranno. Ah ma tu hai esperienza. Sì ho fatto uno Stage. Capire che si lavora pure all’alba, e verificare che la giornata può facilmente raddoppiare, con un’ora di sonno dalle 15 alle 16. Osservare il Tevere dal trenino Flaminio-Viterbo, alzando lo sguardo alla fermata Due Ponti, e riabbassarlo al momento della rimessa auto tutta sgangherata. Fuori dai portici tutto scorre…
È quasi giugno, al bar c’è chi fa gli scontrini, qualcuno dice che non mangia più carboidrati. È pieno di ragazzini che pomiciano per strada, con un ritardo sulla primavera. Roma riprende a vivere, calda. I ristoranti servono le bruschette, base della piramide alimentare turistica della Capitale. Spuntano le Cose da fare. Il Festival delle Letterature si è spostato al Campidoglio. La Basilica di Massenzio non c’è a sconvolgere per bellezza. Ma ieri, alla serata d’apertura del Festival, c’erano i diari e le parole di Tiziano Terzani a rimescolare tutto. Nelle giornate raddoppiate penso sempre all’Amica milanese E. che nei mesi scorsi mi rimproverava di correre sempre troppo, della fretta. Era come se volesse fermare sempre tutto: il tempo, le persone, i pensieri. Lo Stage lo fa in una radio. E sentire la sua voce che fugge veloce mi fa sorridere.
A Piazza di Spagna, per arrivare al Chiostro della Santissima Trinità dei Monti, ci sono cappellini di turisti di ogni tipo. Tra il caos generale e il sole che picchia anche alle sei e mezza di sera, due ragazze mangiano pachino col tonno in scatola sui gradini della scalinata. Come facevo io con la cara amica A., sperdute in Pennsylvania due estati fa. O a Tor Vaianica in una qualsiasi estate. Due francesi, socchiudendo gli occhi per la luce fortissima, osservano la silhouette di Roma dalle impalcature. Arrivati con lo sguardo a San Pietro non sono sicuri si tratti di lui e se lo chiedono a vicenda.
La cisterna, i fiori, le arcate. Il cielo quadrato o rettangolare sopra tutto. Vorrei prendere i ricordi e rinchiuderli lì in quei chiostri con il celofan, quello dei panini. I posti, le cose, i momenti. Tutti lì, per sicurezza. Il Chiostro del Bramante, San Carlino alle Quattro Fontane reso allegro solo dalle strisce della maglietta di una turista (tedesca?). Il Chiostro dei Santissimi Quattro. Sant’Onofrio al Gianicolo che con la sua fontana e il verde scintillante del proprio prato sembra un posto finto. Il Chiostro dei Piceni di San Salvatore in Lauro. Sant’Ivo alla Sapienza. Si può fermare tutto per un momento nei chiostri. Poi il rosso dei gerani, quando ci sono, riportano a questo fine maggio romano. Però, con quel celofan sopra, diventerebbe un po’ come quelle cupolette orrende di plexiglas che quando le giri nevica.. I cubi di ricordi nei chiostri sarebbero perfetti, invece.
Per una strana convergenza astrale la mania di questi posti coi portici è capitata proprio nei giorni dell’apertura dei cortili di alcuni Palazzi romani.. “Cortili aperti” è stata l’iniziativa dell’Associazione Dimore Storiche italiane. Ho fatto un salto a Palazzo Montoro, Palazzo Pasolini dall’Onda, Palazzo Sforza Cesarini e a Palazzo Taverna. E poi pure a Palazzo Farnese dov’è l’Ambasciate di Francia.. A un giorno dalle Europee.